DIGITALE: UNA SFIDA DA VINCERE

GHNET GENNAIO 2012

Dalle pagine di Italia Futura, Stefano Ceci, richiamava, nel 2012, l’attenzione sull’importanza che il digitale ha oggi per la ripresa economica e propone riflessioni e spunti per superare in tempi rapidi, il ritardo accumulato dall’Italia.

 

L’economia digitale, come l’economia turistica, rappresenta una opportunità per lo sviluppo del Paese. A giorni è atteso il decreto legge DigItalia che conterrà le misure per incentivare lo sviluppo del digitale elaborate dalla taskforce messa al lavoro dal Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera. Dalle pagine di Italia Futura, Stefano Ceci, richiama l’attenzione sull’importanza che il digitale ha oggi per la ripresa economica e propone riflessioni e spunti per superare in tempi rapidi, il ritardo accumulato dall’Italia.

L’e-commerce in Italia incide per il 5% sul fatturato delle aziende, circa 8 miliardi di euro, al di sotto della media europea che si attesta al 14%. E dire che non mancano i risultati: le imprese che hanno fatto e-commerce sono cresciute del 1,3% nel triennio 2008/2010 contro il — 4,5%di quelle che non hanno alcuna presenza online.

Crescono anche gli italiani che fanno acquisti online: dall’ultimo ECommerce Consumer Behaviour Report presentato di recente al Netcomm eCommerce Forum 2012, emerge che sono il 51%, fra gli utenti internet, quelli che fanno acquisti on line, ma in valore assoluto siamo al 27% della popolazione contro un bel 41% della media UE a 27.

La crescita digitale è dunque in corso e, come al solito, l’Italia arranca. Che fare?

Banda ultra-larga, smart cities, open data, cloud computing, e-government sono i punti sui quali è stata chiamata a lavorare la cabina di regia istituita dal Governo e composta da 50 membri ufficiali. E’ atteso per il mese di giugno l’esito del loro lavoro racchiuso nell’annunciato decreto (digItalia) che dovrebbe contenere una serie di misure di incentivazione per lo sviluppo dell’economia digitale.

Tuttavia il rischio è sempre il solito: molta carne al fuoco e tanti buoni propositi, frutto di una programmazione competente e partecipata, si scontreranno con le poche risorse disponibili e la micidiale burocrazia italiana in grado di rallentare qualsiasi processo di sviluppo e innovazione.

Le risorse non sono il problema principale. Basta procedere come Angela Merkel: ai concessionari della telefonia mobile di ultima generazioni è stato chiesto l’impegno ad infrastrutturare l’intero territorio tedesco. Ma il tempo, in questo caso è decisivo! Se per fare le autostrade tecnologiche italiane impiegheremo, fra carte, pareri, procedure e bolli il tempo della Salerno Reggio Calabria siamo definitivamente spacciati.

Ci troviamo nel bel mezzo di una recessione? C’è un governo tecnico di emergenza nazionale? Abbiamo un commissario per la spending review? Bene, ne chiediamo uno per l’agenda digitale, lo vogliamo competente e dotato di poteri in deroga per procedere in tempi certi alla realizzazione del complesso delle infrastrutture digitali, in ogni parte del paese, in ognuno degli 8.092 comuni italiani.

Con la fibra che attraversa l’Italia potremo affrontare meglio l’altro problema: il digital divide. 5,6 milioni di Italiani si trovano in condizione di divario digitale, difettano delle nozioni di base per usufruire dei benefici del web. Serve un piano di alfabetizzazione?

Introduciamo convenienze all’uso di strumenti digitali e vedrete con quale rapidità le persone e le imprese si muoveranno.

Lavoriamo a favore delle piccole e medie imprese, che sono il tessuto economico italiano, facilitando lo sviluppo dei loro affari online. Ben venga la defiscalizzazione dell’e-commerce ma non basta. Dotarsi di un sito internet con sistema di e-commerce per promuovere e vendere merci e servizi, senza avere alcuna competenza tecnologica, è facile, rapido, economico: 50 €. Occorre agire nel rendere altrettanto semplici le transazioni di denaro online. Possibile che non ci siano alternative a Paypal? Per agganciare un sito di e-commerce al proprio conto corrente aziendale servono settimane e pacchi di scartoffie.

E che dire delle banche e delle carte di credito che impongono le loro tasse sul macinato ogni volta che spendiamo o incassiamo un euro dall’e-commerce? Paghiamo l’energia elettrica a consumo e non le volte che attacchiamo o stacchiamo la spina alla presa di corrente. E’ troppo se pensiamo a sistemi che consentano transazioni dirette, sicure e garantite (Stato? Banca d’Italia? ABI?) da conto corrente a conto corrente? Ogni conto è un codice alfanumerico: quale è il problema?

I nativi digitali si affacciano al mercato del lavoro. Cerchiamo di costruire le condizioni affinchè possano dare un fattivo contributo all’innovazione nelle aziende. Organizzare concorsi e fare a gara per sostenere idee alimentando, troppo spesso, la sindrome di Peter Pan non è il modo migliore per sostenere la creatività e l’intrapresa. Qualche misura fiscale che premi la produttività stimolerebbe maggiormente l’innovazione digitale. Così come il proliferare di incubatori di imprese finanziati dalle istituzioni pubbliche genererà disadattati del business. Non ne abbiamo avuto abbastanza delle partecipazioni pubbliche e delle sovvenzioni di Stato?

L’economia digitale si promuove rimuovendo gli ostacoli infrastrutturali e introducendo fiducia nei consumatori stando attenti, dato che siamo all’inizio, a non commettere i soliti errori di posizione: ognuno stia al suo posto e svolga al meglio il proprio compito.